Articolo a cura di | Alessandro Pesce
“Proseguendo gli studi del celebre avo, il dottor Otto Frankenstein ha segretamente creato Mosaico, un mostro assemblato con parti anatomiche sezionate da cadaveri diversi, e ruba il farmaco ideato dal professor Schwarz per prevenire le crisi di rigetto nelle operazioni di trapianto. Il giornalista Karl Schein, fratello di una delle vittime di questo furto, intraprende un’indagine parallela a quella della polizia per scoprire l’identità del ladro.”
Diretto da Mario Mancini Frankenstein ’80 non risulta un vero e proprio intento di emulare le centinaia di rappresentazioni del celebre romanzo della prima metà del 1800, ma un dolce tributo alla figura di alcune delle forme d’arte più rappresentative dell’ umanità : Cinema & Letteratura. Il regista, classe 1935, mette in scena una propria visione de “Il Moderno Prometeo”, revisionando una contemporaneità urbanistica tipica dell’epoca in un movimento cinematografico degno di tal nome. Se da una parte troviamo l’obbligatoria costanza dello Sci-Fi, dall’altra il Giallo all’Italiana riesce a comprimere, con grandissima prepotenza, una trama spiazzante che non fa sconti ai controgeneri, ammazzando il genere stesso e creando qualcosa di, si già visto, ma elegante e scorrevole allo stesso tempo con il tipico taglio del Thriller Nostrano tanto in voga negli anni 70. Se in questo gioco di contorti intrecci di macchina inseriamo le perfette musiche di Daniele Patucchi e gli inconfondibili effetti speciali di Carlo Rambaldi, non possiam far altro che immaginare tutta la magia retrò dentro a questo mostro dai vari volti. Le interpretazioni attoriali si muovono perfettamente dentro una sorta di poliziesco che tinge di Horror lo schermo, dando libero sfogo a tutto l’estro del pupillo di Mario Bava, si perchè Mario Mancini (qui al suo debutto come regista) ha avuto un certa rilevanza nel mondo del cinema come operatore di ripresa per capolavori come Operazione Paura (Mario Bava 1966) e Sei Donne Per L’assassino (Mario Bava 1964); Dopo un periodo di “manovalanza” e con un occhio attento al dettaglio, Mancini crea il proprio assemblaggio di corpi dentro un lavoro che accumula schemi di regia e movimenti degni del miglior professionista in attività da diversi anni : le ampie carrellate e i piani sequenza di questo Frankenstein ’80 (titolo che riporta la classica grammatica nominativa dei titoli Hollywoodiani del periodo) si mischiano sotto le profonde lenti di campi stretti dove le nudità vengono amplificate come motore di sguardo e in tinta con un erotismo mai eccessivo ma persistente. L’altalenante Time Running del lavoro offre tutto il necessario per un complesso gioco di inseguimenti manifestati dal “poliziotto di turno” alla ricerca delle terribili conseguenze dettate dalla Creatura, dando uno spazio davvero importante al fascinoso mistero dietro il mistero. Questa lenta progressione degli eventi assume una componente davvero importante per il film, dando un ulteriore forma ad una sostanza già riempitiva di suo, mettendo mani su molteplici sfaccettature che, come la trama vuole, insegue l’inseguitore non dando fiato allo spettatore e seguendo per filo e per segno il tema musicale centrale di Patucchi.
Frankenstein ’80 non ha l’aspetto di un sequel, ma ha tutta la struttura tipica di un proseguo capace di non sfigurare nell’enciclopedia dei titoli dedicati al “Mostro” creato dalla geniale mente di Mary Shelley, dando un massiccio contributo nel dare una seconda voce all’argomento. Ovviamente si tratta di una pellicola Low Budget e dai mezzi davvero ridotti ma con una grande carica dei suoi Perchè e, in certo qual senso, rispecchia l’identificazione di modesta creazione.
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