Articolo a cura di | Alessandro Pesce
“Christian Bauman, principale azionista della società presieduta dal fratello Fritz dopo il suicidio del padre, abbandonata l’amica pittrice Kenia, segue la misteriosa Barbara, trovata esanime sulla spiaggia. Aggredito da un sicario, Torres, mentre si trova ad un motel insieme alla nuova amica, reagisce e lo uccide senza tuttavia trovarne il corpo quando lo cerca per farlo sparire. Recatosi insieme a Barbara in una villa marina solitaria fa la conoscenza di Malcom e di Clorinda che vengono uccisi. Quindi incontra il redivivo Torres e lo uccide. Aggredito da Luca, lo fa sparire nell’incidente di macchina dallo stesso, per lui preparato. Convinto ormai che mandante delle aggressioni sia il fratello, lo raggiunge proprio mentre questi sta rivedendo un film sui trascorsi della famiglia.”
Verso la fine degli anni 60 e grandissima parte degli anni 70, l’Italia ha avuto una fortissima mano sul genere Thriller; l’alchimia tra la Nostra Nazione e “il genere” ha, da sempre, influenzato il cinema mondiale. Spasmo ricade su una precisa collocazione strutturale, applicando regole e distruggendole nella propria complessa forma di narrazione. Dopo una serie di pellicole di successo, improntate sul Thriller Erotico, Umberto Lenzi torna alla pura e contorta psicologia del giallo, accarezzando ovviamente tutte le carte in suo possesso per articolare un qualcosa di estremamente funzionale. Le musiche, le inquadrature e le tipiche interpretazioni attoriali profumano di Italia su ogni reparto, dando un senso di nostalgica visione allo spettatore. Robert Hoffman e Suzy Kendall non sono attori di prim’ordine, ma nonostante ciò riescono ad amalgamarsi al servizio di un qualcosa di non semplice intuizione: Spasmo necessita dei propri tempi e cataloga, su di un particolare piedistallo, gli spazi della suspense che difficilmente rivedremo al giorno d’oggi. Tutta la magia del classicismo riesce paradossalmente a schiacciare una trama elaborata in modo molto articolato che circonda la mente di continue domande e dove non sarà semplice arrivare ad una massiccia convinzione di chiusura. Ogni piccolo frammento di girato ha lo scopo di guadagnare tempo come uno spietato assassino, pronto a sferrare l’attacco nel preciso momento dettato dal sadico killer. Umberto Lenzi uccide il genere rendendolo quasi proprio, creando un opera ancestrale di pregevole fattura, regalando sensazioni contrastanti al pubblico e dando un senso compiuto a questa sorta di inversione nel genere stesso. La primordiale pacatezza nel collocare precise inquadrature sotto piacevoli note è, sicuramente, l’arma più affilata di questo racconto, scuotendo il busto di un manichino immaginario (ma neanche tanto) come ribellione verso le volute grammatiche utilizzate dai più dentro schematiche rappresentazioni di vita fantastica. Contestualizzare questo operato nel periodo attuale è ovviamente impensabile, bisogna sempre reagire d’impulso involontario “nel” fermarsi dentro quel periodo senza farsi troppe domande e dando libero sfogo alla semplice e indisturbata visione. Il regista non solo detta il comando di visione, ma ne cura anche il design, ramificando l’eleganza dello stile dentro involucri di ricchezza rappresentativa, reagendo come forte esperienza al passato e dando un colpo di coda al Thriller puro con grande senso di carattere. Questo aspetto è sempre stato un grande tratto del regista Romano, non nascondendosi mai dietro false apparenze creando una sorta di terrorismo involontario. Spasmo è la rappresentazione dell’estetica dietro la maschera colma di commedia, capace di spaventare nonostante l’equilibrato abito di genere voluto dalla massa. Il ruolo di tappeto sonoro è affidato all’immortale Ennio Morricone e ciò dovrebbe bastare per chiudere ogni sorta di dubbio sulla buona e comodo riuscita del lavoro.
STAB HORROR ITALY