Articolo a cura di | Alessandro Pesce
“Un fantasma, che un tempo era stato un uomo, si incammina verso la casa dove viveva. L’` umo è morto qualche tempo prima in un incidente stradale proprio davanti a casa sua. Lì osserva tutto il dolore della sua compagna ormai sola, avvolto in un lenzuolo bianco.”
Storia di un Fantasma (A Ghost Story) di David Lowery è la rappresentazione del tempo, sotto una formula di anomala concezione e di un punto di vista inedito, raccontato in parte ma mai analizzato e concepito come in questa splendida opera. Le vicende muovo i propri passi con un silenzio circostanziale quasi assordante, prendendo tutto il tempo necessario per canalizzare lo spettatore dentro un profondo senso di smarrimento. L’opera, interpretata da Casey Affleck e Rooney Mara, diversifica i tradizionali schemi narrativi, portandoli dentro una paralizzante tristezza emotiva e affondando le unghie dentro una rabbia muta, una rabbia che palesa la propria frustrazione dentro grida strozzate dall’impotenza materiale. L’originalità è la base di questo lavoro, sia per struttura, sia per messa in scena : le scelte stilistiche di rappresentazione sono semplici e primordiali, quasi infantili e, proprio per questo decisamente funzionali. La figura del Fantasma non ha i connotati dello stereotipato Hollywoodiano, ma bensì un semplicissimo figuro con in dosso un candido lenzuolo bianco. L’effetto visivo, ad un primo impatto, può risultare quasi grottesco. Più la narrazione prosegue il suo lentissimo cammino, più questa figura diventa un qualcosa di profondo, malinconico ed eternamente triste. David Lowery porta metafore filosofiche ed introspettive ad un livello assoluto, dando allo spettatore un inquietudine opprimente, riuscendo a portare alla mente domande esistenziali spesso dimenticate o lasciate in secondo ordine. Lo scopo di questo racconto è, per l’appunto, non lasciare abbandonate al pensiero le persone che han reso il nostro cammino un sentiero solido. La profonda consapevolezza di non poter far nulla davanti all’invisibilità è un sentimento che lacera l’anima del “nostro” Fantasma, accompagnato da disturbanti silenzi che circondano tutta la narrazione. Per gran parte di girato, infatti, le uniche musiche che il pubblico può udire sono quelle derivate dalla storia stessa; tutto il resto è un complesso atmosferico desertificato, portato avanti dall’echo della psiche. I confini dell’amore sono eterni e vagano nel tempo, uno stesso che, ciclicamente, si insinua dentro spazi differenti e non lascia mai il il proprio punto di appoggio. Questo ingranaggio si protrae nello spazio e nella materia, incarnando un cambio generazionale ed evolutivo per poi tornare all’incontro con se stesso, come uno specchio riflesso la cui immagine risulta indelebile per il vuoto. Storia di un Fantasma è un racconto d’amore che caratterizza l’Orrore dentro un Orrore metafisico alla quale non ci è dato sapere sviluppo, un sentimento che spaventa da quanto può essere brutalmente reale. Il Romanticismo, divorato dalla rabbia, nasconde tratti di sofferenza e tremenda solitudine; un aspetto che rimarrà per tutta la durata di girato e che non abbandonerà neanche dopo i titoli di coda. La risoluzione finale chiude ogni punto lasciato (volutamente) in sospeso e si rassegna ad un eterna pace interiore cercata, coltivata ma purtroppo inafferrabile. Il ricordo è l’unico estremo saluto di un film che deve essere preso con la serietà che merita e che lascerà un vuoto interiore difficile da digerire.
STAB HORROR ITALY