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Tuftland : L’inquietante viaggio dentro Folklore della Finlandia [RECENSIONE]

Articolo a cura di | Alessandro Pesce

“Una testarda studentessa tessile cerca di superare i suoi problemi accettando un’offerta di lavoro estivo da un villaggio isolato e insolito di Kyrsyä”.

Il sapore della terra lontana ed una fuga da una realtà troppo stretta sono la base di questo racconto. Un film che fa della narrazione e dei dialoghi, dal carattere profondo, una cornice quasi spettrale. Tuftland di Roope Olenius vede una trasposizione teatrale (Kyrsyä) al limite dell’inquietante, con attimi di pura follia. La protagonista, Veera W. Vilo, interpreta magistralmente una giovane ragazza al confine dei propri sentimenti e con un bivio davanti a sè tutt’altro che certo. L’opportunità viene fornita attraverso un misterioso villaggio remoto dove, la propria passione (la Tessitura), viene riconosciuta come vera e propria arte e filosofia di concetti di vita. Superato l’ostacolo delle abitudini tutt’altro che “metropolitane”, la ragazza entra in un tunnel fatto di strani atteggiamenti e personaggi al quanto bizzarri. Da Qui inizia il sentiero fatto di puro delirio. Ari Aster, con il suo Midsommar, sembra aver preso a piene mani da questo racconto fatto di un Folklore altamente disturbante. Tuftland porta lo spettatore nel grembo del male, attraverso una fotografia precisa e serrata ed un ambientazione all’apparenza paradisiaca ma con misteri da scoprire man mano che l’opera procede verso una destinazione crudele. Madre Terra offre ai propri figli una sconfinata distesa di pace e questa non deve mai essere distribuita su equilibri differenti. Un concetto che potrebbe avere un qual senso logico se non fosse che, questo, venga preso in gestione da squilibrati dalla dubbia sanità mentale. Un film che parte con tematiche sociali quasi inattaccabili, capace di trasformarsi su se stesso come il tronco di un albero secolare nel corso della propria evoluzione; una stessa che ribalta la sua natura e che riporta una contestualizzazione distorta fatta di violenze e incesti. Un orrore psicologico riportato magistralmente a schermo dal regista Finlandese classe 1987, colorando di bianco l’intera vicenda e rendendo ogni passo della giovane protagonista un incontro imminente con il declino della propria psiche. Il film si muove lentamente ma contestualizza e giustifica ogni tempistica attraverso inquadrature ipnotiche su di un ambientazione quasi magica e artistica. La violenza è relegata a pochi frame; la vicenda spinge lo spettatore a raccogliere un frutto maligno senza eccedere in facili virtuosismi catalogabili, rendendo “il” tutto un freddo percorso emotivo. Le interpretazioni attoriali dei protagonisti secondari sono completamente marginali ma ben sviluppate, dando il proprio piccolo ruolo ad ogni “character” su di un identità perfettamente distribuita in parti uguali. I silenzi e l’Echo dei suoni naturali catapulteranno lo spettatore in una dimensione quasi eterea.

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