Articolo a cura di | Alessandro Pesce
“Quattro ragazze, tutte in cura nella stessa clinica per i disturbi del sonno, saranno vittima, a loro insaputa, di un misterioso esperimento.”
Dopo il sorprendente Devil Times Two (presentato in esclusiva al FiPiLi Horror Fest – QUI la recensione del film) , Paolo Del Fiol è pronto per una nuova avventura. Dalle fortissime radici Japponesi, il regista mischia culture e credenze popolari all’interno di un viaggio dentro la follia più crudele. Nel cast troviamo attori storici della himechan movie, alcuni direttamente da Devil Times Two e due promettenti nuove leve. Erika Saccà (la sexy ritornante di DTT), Fabiola La Gala (giovane promessa che ha già lavorato col regista Roger Fratter), Ilaria Monfardini (giornalista e attrice,volto molto noto nel panorama cinematografico italiano)e Martina Vuotti (la studentessa di DTT e schiena sulla locandina) sono le ragazze vittime dell’esperimento. Paolo Salvadeo, Amira Lucrezia Lamour(madre Dolores di DTT) e lo stesso regista Paolo Del Fiol, invece, i medici della clinica; mentre a Reiko Nagoshi (la ritornante giapponese) è affidato un ruolo molto delicato, in linea con gli horror giapponesi.
Tutta la linea dell’emblema CyberLovecraftiano caratterizzano la forma di un eterno abisso destinato alla perdizione, sviscerando blocchi emotivi complessi e mai risolti. Ecco come si affaccia al pubblico il nuovo lavoro di Paolo Del Fiol; un puro concentrato di sensualità dentro una fusione nucleare che vede rimandi al classico di Brett Leonard del 1992 (il Tagliaerbe) miscelati al sadico Gore di matrice anni 70. Questo aspetto è molto caro al regista (visto il precedente lavoro) e qui lo si amplifica senza mezze misure, riuscendo addirittura, ad unire caratteri tipici della terra del Sol Levante in una formula complicata (per struttura) e semplice (per narrazione) senza esagerazioni poco necessarie. La sostanza risulta un progetto con, si, le sue sbavature, ma abile a mascherare i propri limiti con interpretazioni precise e capaci di muoversi senza difficoltà in ogni Frame, articolando e, forse possiam definire, “modellando” a proprio piacimento la grammatica del racconto a servizio di temi sociali importanti attraverso gli occhi della Donna. Proprio la caratterizzazione di questo aspetto non è da lasciare con leggerezza; creando quella sorta di rivalsa del “gentil sesso” come Slasher involontario e ricreando il contesto Horror sotto una metafora di guerra interna, arrivata ora all’apice del suo cammino : per tantissimi anni abbiamo avuto (e abbiamo tutt’ora) il concetto di Scream Queen o Final Girl; caratteri che vedono la protagonista di turno spesso incapace di risolvere e/o abbattere il Killer di turno. Prendete questo concetto e ribaltatelo alla sua base concettuale. Paolo Del Fiol mette la Donna in evidenza e ne evidenzia (appunto) la grandissima forza emotiva sotto quell’indipendenza, molto spesso, lasciata e voluta in secondo piano dal Cinema mainstream di Genere. Ovviamente ci sono le eccezioni (ne abbiamo viste diverse in questo 2024) e qui la figura femminile risulterà la parte centrale dell’intero scheletro che sorregge l’opera. A Meltykiss Lost in the Abyss è un progetto che fa della Fantascienza un cantico infernale votato alla maestosa fedeltà dell’Horror d’altri tempi; quasi una chiave di violino dedicata al sensuale ed ammiccante sguardo che la Hammer Production ha regalato al pubblico in una precisa decade cinematografica. Chiaramente le donne vampiro e/o gotiche hanno lasciato spazio a giovani donne in carriera pur non separandosi di quell’aurea gotica (anche se gotica non è) e affascinante, capace di incantare e ipnotizzare lo sguardo con semplici gestualità e regalare momenti di puro erotismo non abusando mai su inquadrature volgari (o nudità casuali) e, anzi, cercando di infondere quel concetto spesso dimenticato dal “Cinema di Serie A” : non esiste niente di più erotico di uno sguardo femminile. Il cinema è, si, immagine e il corpo ne è la formula più immediata; qui invece si cerca di far passare altri messaggi e per quanto la fisicità sia ben presente, non si abusa di questo meccanismo, risultando molto più sensuale di quel che si possa immaginare, proprio per questa mancanza di termini espliciti o comunque esposti in piccolissima parte (addirittura tagliando l’inquadratura pur di non mostrare più del dovuto). L’opera concentra tematiche Horror come un sentiero a cavallo del Thriller, dove oscuri segreti corrono sul viale della conseguenza e non sarà immediato capire la finale risoluzione. Questo particolare gioco mette la lente di ingrandimento sotto quel cinema Asiatico che mai lascia la presa e riesce sempre a tornare come spirito vendicativo, sfiorando il classico soggetto di mistero tipico di quella precisa ondata di pensiero. Il regista è molto legato a quella terra e non si vergogna a metterlo in scena quando la storia lo permette; ecco, infatti alcune sue parole :
“Per questo secondo lungometraggio sono ritornato alle mie origini, prendendo come ispirazione il cinema giapponese di Koji Wakamatsu, Hisayasu Sato da sempre i miei maestri spirituali. Si tratta di un horror con all’interno tematiche sociali (esattamente come nei miei primi lavori, Kokeshi, neo sekigun e mochi), condito da un alta dose di splatter ed erotismo. Si passa dagli anni 70 di Devil Times Two al giorno d’oggi.”
A Meltykiss Lost In The Abyss è un gioco di immagini a scorrimento veloce che, paradossalmente, non accelera i tempi e, anzi, segue un lento ed inesorabile cammino come un declino temporale cadenzato al perfetto contesto, generando quella già citata struttura come un motore in movimento che lentamente (e con tutte le sue difficoltà emotive) cerca di arrivare ad una conclusione; qualsiasi essa sia. Qui entra in scena il Gore più genuino e grazie alle sapienti mani di Davide Pesca in cabina di Effetti Pratici possiamo catapultarci all’interno di lacerate carni sotto litri di sangue ben gestiti e confezionati. Davide è una nostra carissima conoscenza e sappiamo bene quanto ci tenga al dettaglio che, anche in questa occasione, si riconferma sotto disturbanti sequenze al limite dello sguardo eleborati in modo pressochè perfetto.
Il regime di controllo del racconto è strutturato in maniera tale da intendere determinate circostanze solo come espressione dove il pensiero deve, necessariamente, andare anche oltre le immagini stesse e accarezzare i fianchi di un corpo sinuoso con un rispetto educato, pur facendone sentire la forza e il trasporto della passione come desiderio primordiale. A Meltykiss Lost In The Abyss ha la grande capacità di trasmettere una violenza quasi animalesca sotto un romanticismo d’altri tempi e capace di unire elementi addirittura drammatici e tristi. Sotto questa piccola lente si nasconde, probabilmente, l’intera essenza di questo progetto : Un film abile nel muoversi tra i generi partendo da un concetto sociale che DEVE riguardare ogni singola persona, tramutandosi in qualcosa di oscuro e che proprio per questo piccolo abisso capire tutta la tristezza che alberga dentro un demone dal finto sorriso.
La maschera del piacere è un concetto di cui sappiamo spaventosamente poco , che, grazie a A Meltykiss Lost In The Abyss, riusciamo, se guardato con il giusto grado di sensibilità, capirne qualche piccolo frammento per evitare l’inevitabile.