Articolo a cura di | Alessandro Pesce
“1945, Odo Island: il pilota kamikaze Koichi Shikishima è costretto ad atterrare per un guasto meccanico. Lì è di stanza un’unità di riparazione capitanata dal meccanico Sosaku Tachibana, unità che durante la notte viene improvvisamente attaccata da una creatura misteriosa e inarrestabile, che gli abitanti dell’isola chiamano “Godzilla”.”
Negli ultimi anni il “Kaiju Movie” ha goduto di grandissima fortuna nel tornare prepotentemente tra gli interessi del grande pubblico; complice anche l’altissima qualità di prodotti quali Godzilla, il Sequel King Of The Monsters, Godzilla Vs Kong, La Trilogia Animata, la serie Monarch e l’enorme Capolavoro Shin Godzilla; tutti lavori che, in un modo o nell’altro, hanno saputo riscrivere a proprio modo la storia dell’indiscusso Re Dei Mostri. Minus One arriva nei cinema (per un brevissimo tempo) con una visione amplificata, prendendo a piene mani quanto di buono si è potuto visionare nel recentissimo passato e portarlo in un contesto quasi inedito e dando risalto alla vera essenza dell’animo umano. Questo strano connubio “Mostro/Uomo” ha , si, generalizzato e formato lo specifico filone filmico, ma ha saputo affrontare temi sociali importanti che, perlomeno sulla territorialità Nipponica, risulta un vero e proprio movimento politico imponente di inclusività. La forza di quest’Opera diretta da Takashi Yamazaki assume i connotati di pura unione, abolendo completamente il perbenismo Hollywoodiano dei film diretti da Gareth Edwards (2014) e Michael Dougherty (2019) che, se pur meravigliosi, han dato al Mondo una versione quasi distorta del gigantesco guardiano; Yamazaki, invece, riporta tutto su un livello decisamente più profondo, esponendo la popolazione ad una minaccia tutt’altro che protettiva e benevola : Godzilla (o Gojira se vogliamo utilizzare la denominazione ufficiale) è una pura entità distruttiva generata dal male. Minus One però non è solo questo; si parla di rispetto, unione, di morte ma specialmente di vita. La storia analizza una cultura portata allo stato di disperazione in cui il grande Titano emerge dagli abissi distruggendo tutto quello che ostacola il proprio cammino, e facendo la propria comparsata (stranamente) dopo pochissimo minutaggio di girato, portando il pubblico immediatamente dentro una narrazione tanto scorrevole quanto complessa per contenuti; si perché tutto ha lo scopo di mettere “il popolo” come unità di misura principale come motore narrativo. La storia parte dal rifiuto di un pilota Kamikaze di portare a termine una missione e di abbracciare l’importanza del dono della vita, riscoprendo una realtà tutt’altro che scontata ma che verrà sconvolta dalla notizia dell’arrivo di un’entità catastrofica portata in scena con una maestria (quasi) senza precedenti nel contesto “Kaiju“: tutto il reparto tecnico è, infatti, una superficie che spazia dal classico utilizzo di Computer Grafica alla fedele riproduzione del cinema nipponico anni 70, attraverso creature improbabili vestite di abiti artigianali per dare un senso quasi “umano” al soggetto. Minus One accarezza tutto, ma proprio tutto il sistema evolutivo, ricreando una storia a se stante, offrendo una sorta di Reboot pur non avendolo mai dichiarato espressamente. Il film è un progetto adatto ad ogni tipo di pubblico e fascia di appassionati del genere, capace di mescolare il Dramma Japponese e l’Horror di classe Sci-Fi in una esemplare soluzione unica dove lo spettatore non può che rimanerne incantato. La colonna sonora stessa (composta da Naoki Sato) reincarna fedelmente l’espressione dei Generi, garantendo una mastodontica epicità alle sequenze di distruzione globale attraverso citazioni ai temi classici di Akira Ifukube con un tocco sinfonico oscuro capace di riempire quegli spazi irraggiungibili dalle immagini. Takashi Yamazaki si affida al valore della potenza sotto ogni forma d’arte; visiva e uditiva, raccogliendo (in una certa maniera) un’eredità tanto scomoda quanto intelligentemente pensata, attraverso scene al limite della claustrofobica apertura di ambientazioni sull’orlo di un baratro inevitabile : quando Gojira entra in scena tutta la popolazione capisce di aver perso un’altra battaglia e, mentalmente, essere tornata in un clima dove i drammi della guerra (forse) potevano essere il danno minore. Qui però, il regista, decide di mettere il senso di orgoglio al primo posto, portando l’unione sotto un riflettore audace e tenace come forte carattere espressivo. Il Giappone è dei Giapponesi e nessuno potrà mai togliere questo attaccamento, neanche un titano di oltre 200 metri di altezza. Le sequenze di brutalità del Re Dei Mostri (altamente spettacolari) vanno, infatti, in netta contrapposizione con la drammaticità di una nazione tanto devastata quanto volenterosa di reagire ai tuoni generati dal cammino di quell’aborto radioattivo; scoprendo una forza interiore ancora più importante del Mostro stesso. Minus One è un tripudio quasi autocelebrativo capace di guardare in faccia il proprio organico con distaccata lucidità e di evidenziare quanta rabbia si nasconda dietro quella sorta di ingenuità vittimistica che, come la vita insegna, può essere capace di gesta inaspettate o addirittura impensabili.
Godzilla – Minus One è un piccolo gioiello che riscrive un pezzo di storia, creando un Unicum nel suo genere, intervallando con grande maestria una storia tanto abusata (andiamo su circa 38 film) quanto capace di citare se stessa e il cinema mainstream come quello di Spielberg (in modo particolare negli occhi di capolavori come Jurassic Park e Lo Squalo) ma anche opere militaresche come la saga di Yamamoto dei primi anni 60 andando addirittura verso il cinema di Nolan; creando così un qualcosa capace di rendere attiva l’attenzione anche nei momenti in cui il Mostro non è presente a schermo. L’unica pecca risulta essere, però, proprio il finale : se per tutto il film si è rivolti ad un tipico J-Movie, le sequenze finali strizzano troppo l’occhio a quel già citato mainstream, decidendo di optare per una strada fin troppo buonista e poco aderente alla cultura drammatica tipica della terra del Sol Levante. Un dettaglio probabilmente da poco, vista la maestosità del restante 99.9% di girato, ma purtroppo fin troppo evidente.
Nel Mese di Gennaio il film verrà ri-proiettato (perlomeno in Jappone) in versione estesa e completamente in bianco e nero, in modo da risaltare ancora di più l’aspetto old school tipico di casa Toho.