LASCIATEVI TERRHORRORIZZARE

Lamb : La Cupa Magia della Natura [RECENSIONE]

Articolo a cura di | Alessandro Pesce

“María e Ingvar vivono in Islanda in una fattoria, soli con il loro gregge di pecore. Un giorno, trovano un neonato nella stalla e decidono di crescerlo come se fosse loro figlio. Forze oscure sono, però, determinate a restituire il bimbo alla natura.”

Da lungo tempo monitorato dalle aspettative, giunge finalmente nel Nostro territorio il lavoro di Valdimar Jóhannsson : Lamb. La moltitudine di aspetti che catalizzano quest’Opera sbirciano sul grado di una classificazione non del tutto identificabile, mescolando l’autorialità a vero e proprio genere nel genere e arricchendo l’intera struttura narrativa dentro un qualcosa che necessita delle proprie (dilatate) tempistiche. Lamb fa del proprio corpo un agghiacciante pensiero sociale, fatto di morte e rinascita, invertendo le logiche umane e vivisezionandole senza paura di osare oltre il normale, sfruttando tutta la magia ambientale come valvola di sfogo di un territorio completamente fuori dal mondo. Il perfetto canto sotto il ventre della natura, quasi incontaminata, offrono un punto di vista atipico per messa in scena ma facilmente riconducibile ad altri aspetti che la vita pone ad una grande quantità di famiglie. La diversità, evidenziata nello sguardo esterno, pone il pubblico sotto una gestione di posizionamenti sulla quale non sarà semplice vincere contro una razionalità distorta, stringendo i pugni sotto il caldo abbraccio del vero e, quasi, incondizionato amore : per la propria terra, per il proprio gregge e anche per una creatura ibrida donata da forze misteriose probabilmente come segno di riconoscenza. Tutti fattori che la coppia Maria (Noomi Rapace) & Ingvar (Hilmir Snær Guðnason) si troverà dover affrontare dopo un terribile lutto; il più grave che un genitore possa subire come quello della perdita della propria figlia. Il film del regista Islandese narra di un dono oscuro consegnato in un preciso momento nell’arco della vita della coppia, gestendo tutto il fattore di crescita come riflesso di sfida verso una vita non troppo sorridente: Durante una delle tante gestioni di parto di una delle pecore del proprio allevamento, la coppia si troverà davanti ad un animale non del tutto sviluppato, o meglio, sviluppato per gran parte su sembianze umane, mentre testa e braccio destro con le caratteristiche di un agnello. L’impatto non ha creato un traumatico susseguirsi di reazioni isteriche, ma una semplice consapevolezza di processo di vita che, se pur bizzarro, sempre donato dalla natura. Da qui la scelta di crescere questa creatura come quella figlia prematuramente strappata al loro amore e dandole addirittura il suo nome : Ada. L’esordiente regista mette in scena un Dramma dalle tinte estremamente oscure, giocando con gli ampi spazi aperti e gestendo con grande cura la riga portata in passato dal talentuoso Robert Eggers, facendo del genere dell’orrore un qualcosa capace di spaventare per la sua semplice instabilità di pensiero; un film che non deve far paura attraverso JumpScare o inseguimenti al limite dell’estremo da creature assurde, Lamb terrorizza la mente del pubblico per la propria cruda fermezza di congestione visiva, non intervenendo su semplicistiche ( e abusate) dinamiche di chissà quale reazione malefica : qui il male gioca la sua parte come una partita a scacchi e investendo il corpo con la propria arma solo al momento opportuno. Questa coraggiosa scelta rende, il tutto, un ottimo punto di non ritorno, durante la sua TimeRunning di 106minuti, fermando il tempo dentro un territorio dalla quale sarà impossibile uscire e, quando questo verrà a titoli di coda a schermo, si avrà la percezione di aver assistito ad un qualcosa di assolutamente ipnotico in cui la mente è stata immersa in totale assenza di ossigeno. Ogni patinatura e filtro di lenti ha l’esatto scopo di portare il pubblico dentro quelle freddissime terre, cercando di riscaldare l’animo da una strana sensazione di piacere verso una sorta di rivincita verso l’ingiustizia, sconfinando però dentro quel sinistro sesto senso di appartenenza all’ignoto; un arma sulla quale non è dato sapere l’esito con grandissima convinzione. Proprio questo fondamentale piano di struttura è la fonte di ogni sgradevole percezione, lasciando sempre un immaginario occhio vigile dentro quel volgere catastrofico nascosto nell’ombra e pronto a saltare fuori nel momento di maggiore quiete; solo ed esclusivamente per senso pratico o, ancora peggio, per un sadismo personale volto sotto un estetica vendicativa. Lamb racconta una storia tragicamente reale che, nella sua aurea di metaforica concezione, personalizza con grande maestria un ennesimo cambio di pelle verso il preciso genere cinematografico e, anzi, capace di accomodarsi sotto varie luci non dando veri e propri punti di riferimento (come uno dei protagonisti suggerisce durante un dialogo con la piccola Ada) ma lasciandosi trasportare dai dettagli posti come bussola naturale per non smarrire la via di ritorno.

Lamb rappresenta una luce nuova dentro la stanza dell’Horror contemporaneo, mettendosi fortemente in gioco e uscendo gloriosamente con le braccia al cielo come segno di vittoria. Una sfida consapevole delle difficoltà ma altrettanto sicura della propria forza che sfrutta su tutti i margini di operato; dal sonoro sempre claustrofobico e cacofonico, ai piani sequenza magistralmente esposti, alle già citate luci e specialmente da un reparto attoriale in pieno “focus” con le proprie controparti. Insomma una piccola perla capace di stupire e che regala anche un finale spiazzante ed estremamente simbolico.

Un Horror Malinconico che finalmente, grazie a A24 e disponibile nel catalogo CG Entertainment, sarà possibile collezionare nella vostra videoteca. Un romantico viaggio dentro il cupo destino della natura umana e animale; in un unica drammatica esecuzione.

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