Articolo a cura di | Alessandro Pesce
“Quattro anni dopo gli eventi di Halloween Kills dello scorso anno, Laurie vive con la nipote Allyson e sta finendo di scrivere le sue memorie. Michael Myers non è più stato visto da allora. Laurie, dopo aver permesso allo spettro di Michael di determinare e guidare la sua realtà per decenni, ha deciso di liberarsi dalla paura e dalla rabbia e di abbracciare la vita. Ma quando un giovane, Corey Cunningham, viene accusato di aver ucciso un ragazzo a cui faceva da babysitter, si scatena una cascata di violenza e terrore che costringerà Laurie ad affrontare finalmente il male che non può controllare, una volta per tutte.”
La trilogia della Notte delle streghe “di” David Gordon Green arriva al cinema, con un grande carico di curiosità, con il conclusivo Halloween Ends. Un titolo che racchiude tutte le rughe di una saga visibilmente invecchiata e che necessitava un funerale degno di nota. L’operazione, a tratti riuscita nell’impresa , si affida ad una costanza in perfetta sintonia con il declino emotivo portato dentro la città di Haddonfield, marcia di una contaminazione maligna dilagata per colpa del suo più grande incubo : Michael Myers. Se Halloween Kills ha trovato, negli abitanti del posto, una sorta di coalizione offuscata dal presunto senso di unione, questo ultimo capitolo agisce come brutale conseguenza, accomodandosi su di un peccato sporcato dalla rabbia ed inducendo “lo spirito” di diffidenza come organo di indisturbato cammino, virando nel senso opposto del suo originale piano. Lo sguardo della società (quella società) , in continua ricerca del proprio uomo nero, cade nella figura di un giovane ragazzo, colpevole di un omicidio involontario e marchiato come vittima degli eventi dentro una cupola di voci lontane che echeggiano di falso perbenismo, creando la radice di un nuovo male; un batterio nascosto dentro un corpo tanto caldo, all’apparenza, ma freddo di un immoralità priva di battito cardiaco; completamente lobotomizzata verso l’unico stato di coscienza rimasto simile ad un qualcosa che più si avvicina al concetto di vita, incurante della piaga che Michael è riuscito rendere attiva dentro ognuno di loro. Halloween Ends parte con la quarta marcia inserita, ma lo fa in un modo quasi inedito e completamente spiazzante, riversando la totale attenzione sul giovane Corey Cunningam (interpretato da Rohan Campbell), lasciando in disparte (per grandissima parte di girato) la Storyline principale e tenendo gli occhi puntati verso l’aspetto politico di veduta umana. Tutto il frutto di un lavoro che, se pur non del tutto voluto in fase embrionale, ha premuto forte sulle menti della popolazione : Michael Myers è scomparso da 4 anni, eppure qualcosa sembra per forza dover prendere il suo posto; come fonte di giustificazione di sfogo verso una monotonia poco gratificante e reduce dello spettro di un qualcosa che ha scosso tutto lo stato emozionale collettivo. Una corrente ovviamente distante dagli occhi delle dirette protagoniste dei capitoli precedenti : Allyson Nelson (interpretata da Andi Matichak) e la sempre presente Laurie Strode (Jamie Lee Curtis), qui in vesti di autentiche sopravvissute, la cui vita ha riservato luci non troppo abbaglianti e, purtroppo, provate psicologicamente dalle battaglie, nonostante una lenta ripresa verso una quotidianità fatta di normalità ormai quasi impensabile : Laurie svolge funzioni domestiche tra una battuta e un altra del proprio libro dedicato alla figura dello scomparso fratello e Allyson lavora come infermiera presso la struttura di Haddonfield. Uno scenario decisamente soft, se si pensa alla conclusione del film dello scorso anno, eppure tale location diventerà protagonista del fatidico incontro tra i giovani Corey e Allyson. Difficile collocare una Love Story in un contesto Slasher, eppure David Gordon Green decide di mandare avanti (per un tempo anche abbastanza dilatato) questa scelta con grandissima convinzione, tralasciando (apparentemente) la natura della pellicola stessa e deviando su contesti la cui coerenza sembra vacillare. Il cambio, lentissimo ed estenuante, viene lasciato nelle mani del nuovo protagonista che, bullizzato da alcuni ragazzi, arriva nella tana del lupo solitario e ferito; quel Micheal Myers dato scomparso. Questo incontro cambierà il destino, sia del ragazzo, sia della narrazione del racconto (più simile a Nightmare 3 che ad un qualsiasi Halloween), esplodendo in una inversione di ruoli in cui Corey prenderà, a tutti gli effetti, il posto di Myers; nutrendolo di rabbia e di corpi sacrificali (in questo riecheggia lo spirito di Halloween 6 del 1995), in un modo che lentamente prende piede sul sentiero di dualismo Allievo/Maestro che, se pur discutibile, inizia ad assumere una sostanza convincente. Quel che però non risulta essere credibile è collocato nel minutaggio dedicato alla complicata relazione tra i ragazzi : volta più ad un cinema anni 80 ed eccessivamente colma di Clichè la cui memoria rievoca spiacevolissime SitCom in onda sul piccolo schermo, tirando per i capelli tutta la struttura su cui HALLOWEEN (e l’ideologia di Carpenter) si basa e portando un sentimentalismo assolutamente poco funzionale alla trama. Gli occhi della morte, si sa, hanno una luce tutta propria (come concetto Lovecraftiano) e questo Laurei lo sa bene, riconoscendo aspetti comuni al fratello nella versione 2.0 del giovane “rinato” Corey; Ora una parte dello spirito di Michael vive dentro il corpo di un altra persona e questa persona è dietro l’angolo del suo appartamento, abile nel plagiare la mente della debole (psicologicamente parlando) nipote Allyson e altrettanto astuto nell’indirizzare il coniglio “bianco” proprio in quella tana dove il predatore, stancamente, riacquista il suo originale potere : Michael sta tornando e, finalmente, il film riesce a prendere la giusta direzione (dopo oltre un ora di girato). Gli omicidi riprendono il “normale” processo di esecuzione per mano del suo Uomo Nero, forte di un richiamo durato 4 lunghissimi anni; un richiamo udito ma difficilmente ascoltato in modo da far scattare la scintilla del risveglio e, proprio quando tutto sembrava cadere nel baratro del “plagio”, l’ombra della strega esce dalle tenebre in modo quasi trionfale. Il faccia a faccia con l’inevitabile destino accelera con grande impulsività, restituendo al pubblico tutti gli sbadigli consumati durante il percorso e, finalmente, portando la mente dentro l’Horror Slasher per cui si è pagato il biglietto : Michael torna per Laurei all’interno di uno scontro che, se pur breve, assume quell’epicità che suona come un requiem annunciato. Il Male Deve Morire in questo film e il duro compito è affidato, con la presunta benedizione dello stesso Carpenter, proprio a David Gordon Green. Il regista che a breve inizierà le riprese della trilogia “remake” de L’Esorcista assume i connotati del triste mietitore, andando sicuramente lontano dal concetto su cui si è fondata una, quasi, istituzione cinematografica e dando il colpo finale ad una saga che probabilmente non aveva più nulla da dire. Se da una parte troviamo un Corey spietato e sadico dall’altra troviamo qualcuno che, su questa strada, ha fondato una vera e propria palude fatta di corpi, sangue e, come un virus, ha infettato un’intera cittadina. Ogni colpo inflitto pesa quasi oltre il doppio, vista l’importanza del duello; uno scontro che, oltre essere fisico, ha tutto l’aspetto di una strategia di guerra psicologica durata oltre 40 anni e mai portata a termine, stabilizzando così il costante pensiero che riporta, come un cerchio, la Catchphrase di questa trilogia : Il Male Muore Stanotte. E questa volta muore per davvero.
Halloween Ends è un film sicuramente difficile da digerire, ma riesce a portare, paradossalmente, una grande coerenza con l’aspetto cinematografico e di chiusura del Franchise; non come ideologia Carpenteriana dove l’uomo nero non cesserà mai di esistere; ma proprio come struttura narrativa di un qualcosa che, nonostante tutto, avrà sempre il suo Boogeyman. Non importa se questi sia Michael Myers o un’altra persona, l’intrinseca cattiveria dell’umanità avrà SEMPRE quell’elemento di discussione e qualcuno da indicare dall’altro lato della strada. Green, che se ne voglia o meno, riesce a dare un senso logico alla morte dell’uomo smascherato della propria forza, prendendo valori sempre nuovi, portandoli dentro un qualcosa di estremamente sociale (proprio come John Carpenter insegna) e addirittura prendendo in giro il pubblico attraverso richiami tutt’altro che poco attenti.
Una chiusura che molti reputeranno indegna, invece necessaria alla saga perchè insegna valori importanti e, purtroppo, fin troppo vivi in una struttura come quella attuale. Il Corpo del Male potrebbe anche morire, ma lo spirito di Michael Myers vivrà fino allo spegnersi delle luci; e li, l’uomo nero è pronto a tornare sotto una nuova Maschera Bianca.