LASCIATEVI TERRHORRORIZZARE

Hatching – La Forma del Male : La Tragica Sostanza del Malessere [RECENSIONE]

Articolo a cura di | Alessandro Pesce

“Una ginnasta di 12 anni cerca disperatamente di compiacere la madre, una donna ossessionata dal mito della famiglia perfetta che pubblicizza sul suo blog popolare. Un giorno la ragazzina trova uno strano uovo, lo nasconde, lo tiene caldo. Quando l’uovo si schiude, ciò che emerge è oltre ogni immaginazione.”

Dopo essere stato presentato in anteprima mondiale in Selezione Ufficiale al Sundance Film Festival 2022, il disturbante film horror finlandese HATCHING – La forma del male arriva nei cinema italiani distribuito da Adler Entertaiment il 6 Ottobre.

Lungometraggio di esordio della regista finlandese Hanna Bergholm, HATCHING – La forma del male vede protagonista la ginnasta dodicenne Tinja (Siiri Solalinna), che desidera disperatamente compiacere la madre (Sophia Heikkilä) ossessionata dall’immagine, il cui popolare blog “Lovely Everyday Life” presenta l’esistenza idilliaca della loro famiglia come una curata perfezione suburbana. Un giorno, dopo aver trovato un uccello ferito nel bosco, Tinja porta a casa il suo strano uovo, lo sistema nel suo letto e lo nutre finché non si schiude. La misteriosa creatura che emerge da esso diventa la sua migliore amica e un incubo vivente, facendo precipitare Tinja in una realtà contorta che sua madre si rifiuta di vedere. Tutto il senso di distorsione viene posto sotto un’ottica disturbante e il gioco di metafore confonde, in senso intelligente, la narrazione del racconto. La grande capacità di intrattenimento viene raffigurata da una presenza tanto scomoda quanto necessaria per capire gli schemi di una fiaba fin troppo reale, capace di pestare i piedi ad una contemporaneità abbastanza preoccupante. Il gioco registico maschera, con grandissima sapienza, tutte queste piccole citazioni della vita, dando risalto alla manipolazione del male, sfruttando tutto il falso perbenismo di una facciata debole e che si diverte a mostrare una disfunzionale realtà : portare (o far sopportare) sulle spalle dei figli i propri fallimenti e traguardi mai raggiunti in giovane età, cercare di nascondere il dolore sotto un’illusoria ricchezza e, ancor peggio, usare i nuovi mezzi di comunicazione per dimostrare un qualcosa di assoluta falsità sotto quel perenne sorriso amaro e carico d’odio. Hatching racconta diverse situazioni , girando sulla propria ombra con narrazioni differenti ma che combaciano su di un unico pilastro familiare : se da una parte assistiamo al degrado coniugale di una madre stanca, infedele e con la fobia dell’invecchiamento, dall’altra troviamo il disturbo adolescenziale proprio per questo trattamento eccessivo, sfiorando tematiche importanti come quello della bulimia e dell’epilessia, tenendo costante il filo conduttore su di una costruzione scorrevole e che articola “il” genere sotto una luce differente, quasi inedita. Hanna Bergholm si diverte a mettere in scena un qualcosa capace di stupire Frame dopo Frame, portando a schermo, in prima battuta, un qualcosa di assolutamente bizzarro e inusuale, trasformandolo in una definizione assolutamente cruda e spiazzante, dove il sentimentalismo (anch’esso espresso sotto una visione temporanea) è marginalmente etichettato come spiraglio di lucidità, perdendo, poi, il totale controllo sotto un pirotecnico ed agghiacciante grido sociale. Dalla seconda metà di girato, infatti, tutta la cattiveria che la vita rivolge alla famiglia, prende una piega assolutamente drammatica, dove l’orrore diventa parte integrante della grammatica d’operato, rincorrendo il pubblico con scene folli e dove ogni tassello inizia a far ruotare i meccanismi mentali. Quando i “ma” si trasformano in “forse” allora entra in scena un altro fattore : la consapevolezza di assistere ad un qualcosa di assolutamente reale, dove non c’è spazio per un lieto fine e dove la rassegnazione deve, per forza di cose, lasciare spazio ad una consapevolezza tanto triste quanto profondamente segnante. Il cast si muove con una precisione chirurgica e non ha bisogno di grandissimo minutaggio introduttivo per inquadrarne i caratteri : ogni aspetto viene esposto con grande senso di appartenenza fotografica, risaltando solo ed esclusivamente ciò che corre a schermo. Tale semplicità amplifica il senso di appartenenza ad un genere che non guarda in faccia al volere del pubblico moderno; sfida le leggi del mercato moderno, portando avanti la causa dell’autorialità e che fa, dell’intelletto, un qualcosa su cui si è, probabilmente, persa l’abitudine di pensiero. Hatching è, probabilmente, uno di quei racconti che verran capiti, dalla massa, tra qualche anno e si innalzerà in quel filone di Cult di rara bellezza. Questa “Opera I” si posiziona, senza sforzi, tra i migliori prodotti degli ultimi anni; un autentico viaggio dentro la paura più buia; ogni meccanica sfiora diversi stati di coscienza e analizza, a proprio modo, un imput cerebrale in cui l’Horror si appoggia delicatamente dando un senso compiuto dentro una propria logica di struttura. L’emotività lascia spazio ad una fiaba che fiaba non è, portando allo spettatore tutto ciò che di necessario occorre per esportare una visione del mondo fredda ma onesta.

Un Film da non lasciarsi scappare e che, finalmente, riporta l’Horror su di un gradino importante, fatto di appartenenze al passato, capace di giudicare il cambiamento sotto una lente d’ ingrandimento matura nonostante la non visibile inesperienza. Un piccolo Gioiello.

-OTTIMO- Secondo il Nostro Particolare Metodo di Valutazione in HORROR STAB-
AL CINEMA DAL 6 OTTOBRE

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