Articolo a cura di | Alessandro Pesce
“Aubrey è ancora sconvolta dalla perdita della sua miglior amica Grace quando si reca nel suo appartamento per trovare un po’ di sollievo dal dolore. Rovistando tra le sue cose e prendendosi cura dei suoi animali domestici, Aubrey si appisola ma non prima di aver messo avanti una compilation musicale lasciata in uno stereo e aver avuto una visione della sua amica. Al risveglio, Aubrey si ritrova in un mondo quasi irriconoscibile: la neve copre tutto, le strade sono piene di macchine distrutte, gli incendi divampano senza sosta e i pochi umani rimasti sono in fuga o si nascondono al sicuro. Con l’aiuto di una voce misteriosa su un walkie-talkie e una serie di registrazioni nascoste lasciate da Grace, Aubrey cerca di capire quale mistero si sia scatenato.”
Si affaccia così, al pubblico, l’interessantissimo lavoro di A.T. White dal titolo Starfish. Un opera che fa dell’immagine un viaggio dentro sentieri misteriosi, un lavoro al passo tra il mistico e l’arcano. A guidarci dentro questa storia troviamo Virginia Gardner (Halloween 2018, Marvel’s Runaways), pronta a prenderci per mano e portarci dentro Atmosfere a cavallo tra narrative Lovecraftiane e al passo con associazioni quali Stranger Things, 13 Reason Why,, Annihilation di casa Netflix e quel malsano senso dispersivo tanto caro al sempre giovane e attuale Stephen King.
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