Articolo a cura di | Alessandro Pesce
“Undici Artisti esplorano e sfidano il tabù degli organi sessuali dentro poetici sentieri di violenza”
Quando si parla di Domiziano Cristopharo non si può non pensare all’estremità più spericolata del Cinema contemporaneo. Artista capace di mettere lo spettatore in uno Shock visivo che, spesso, fraintende e paralizza; per intenti, per profondità artistica e per come riesce (sempre) a sapere dove posizionare la macchina da presa. L’Italia non è pronta al bipolarismo estetico. Il regime dell’ottusa mentalità perbenista, “cristianizzata” da spettacoli dove l’oscenità è vista come male supremo è l’emblema di un popolo che non saprà mai andare oltre il proprio passo, in una comfort zone che, per necessità (o occlusione) cerca di soddisfare il “visto censura” per poter uscire dal proprio studio. Sotto questa triste luce esce il disturbante Phallacies : un concentrato di tutto quello che è sempre rimasto nascosto (quasi come vergogna), di immagini accattivanti e che gioca con i tabù cinematografici in segno di ribellione. Una guerra verso il sistema capace di elevare al massimo il potenziale degli 11 artisti che compongono questa sessuale sinfonia d’Orrore. Ogni cortometraggio ha il “comune” portante come rappresentativo ideogramma genitale, esponendo quanto più possibile il membro, come provocatorio assemblamento di attacco, in un minutaggio che ,da solo, riesce a battere tutta la storia del cinema italico (erotico compreso). Questo dovrebbe dirla lunga sulla natura di soggezione alla quale “questo protagonista” viene esposto. Le Opere viaggiano senza freni in un circuito quasi clandestino, dove tutte le regole sono ammesse, dando libertà di manovra attoriale ai coraggiosi “mandanti” di questa piccola guerra alla politica.
La violenza, l’Orrore e il Sadismo più puro sono elementi vivi che navigano all’interno di un Requiem che spazia dai silenzi più cimiteriali a composizioni dove la musica gioca come un tappeto ruvido di libertà di espressione. I registi sono guidati da una mano invisibile che estremizza l’estremo e porta una semi pornografia nel blocco del genere, con un connubio folgorante che suona , in senso asimmetrico, tra ciò che è normale con ciò che cinematograficamente è anormale, posizionandoli sullo stesso piano con una cattiveria visiva senza precedenti. L’uso stesso dei colori è parte caratterizzante di ogni racconto : si passa dalla scelta brillante e “enfatizzante” fino al bianco e nero che anestetizza ogni volontà di profondità e lasciando , ai posteri, una sorta di Lynchiano anagramma (o forse ANALgramma) al peccato che ogni regista avrebbe voluto fare. Phallacies è uno spettro che, ora, ha la grande forza di una bestia a 11 teste; racchiuse in una fortezza dove il collettivo vince su ogni presa, anche quella della disapprovazione.
L’escalation al Mondo dell’Horror viene espressa come una storia senza storia e, man mano che scorre lungo lo schermo, l’Opera si restringe in un binario sempre più violento e feroce : passiamo da particolari soggettive in cui l’occhio (come tema di visione) è posto sul membro maschile, passando per il desiderio di appartenenza ad altro sesso, arrivando (tra i tanti) all’ auto sadismo e clown maniaci con una disinvoltura, atto dopo atto, sempre maggiore e aggressiva. Anche il richiamo alla natura stessa è complice di interventi che dovrebbero far riflettere, così come dovrebbe far riflettere che questa è sporcata; in uno strano e pudico gioco, da ciò che dovrebbe essere la base della libertà : la nudità.
Phallacies rappresenta ciò che non vorreste mai vedere e che, invece, ha il coraggio di essere posto come soggetto/oggetto di discussione.
Un Film adatto a coloro che riescono a tenere il fiato sospeso per 2 ore e che non si fanno impressionare facilmente.
Domiziano Cristopharo e Jon Devlin presentano la nascita del primo film di “dicksploitation”, Phallacies. Insieme a Poison Rouge, Adam Ford, Jack Mulvanerty, Cory DeAn Cowley, Pete Lankston, Jake Valentine, David Stojan, Slade Wilson e Brock Bones, creano un’antologia horror incentrata sul fallo per sfidare la censura, l’autoritarismo morale e lo stigma intorno alla nudità maschile nel cinema.