Articolo a cura di | Alessandro Pesce
“C’era una volta un’isola in mezzo al mare, abitata da esseri arcani e misteriosi da ben prima dell’arrivo degli umani che ora ci vivono. La serie I Misteri di Ichnos nasce proprio per riproporre in chiave contemporanea un mondo leggendario all’interno del quale, immedesimandosi nella storia, gli spettatori possano visualizzare, affrontare ed esorcizzare paure e incertezze”
Dalle calde, ma tenebrose, strade del Sud Sardegna, ritorna, come spirito vendicativo, il progetto ideato da Matteo Fadda e Giacomo Littera : I Misteri di Ichnos. Sono trascorsi sette, lunghissimi, anni dall’ultima indagine degli, ormai, non più piccoli protagonisti di questa/e avventura/e (link della Nostra Recensione del PRIMO capitolo); nuove inquietanti leggende, nuove radici da scoprire e da esorcizzare sono pronte a recuperare quel tempo con la solita leggerezza e unione che ha contraddistinto il piccolo gruppo di ricercatori di Oscure Fantasie. Se, il primo capitolo di questa serie, si è focalizzato sulla base della figura della “Strega”, questo secondo atto prenderà per mano il più comune degli incubi : L’Uomo Nero.
La famiglia di un’amica di Candy (la babysitter che aiuta i protagonisti nelle loro imprese e fornisce loro alibi e appoggio per i propri spostamenti) ha delle brutte esperienze con dei personaggi che sembrerebbero avere delle caratteristiche non esattamente umane. Gli episodi ricordano, inoltre, un’esperienza vissuta da Candy e la sua amica Sara qualche anno prima e che fu allora classificata come un semplice tentativo di furto. Spinti non solo dalla curiosità, ma anche dalla richiesta di aiuto delle vittime, i quattro giovani investigatori (Anna, Matilde, Antonio e Giovanni) si recano con la giovane tata al suo paese per vederci chiaro. Qui avranno a che fare non solo con Mastru Giuanni (rappresentazione della fame nelle leggende sarde), l’essere avvistato in realtà da Candy e Sara tempo addietro, ma anche con il temibile Momoti (vezzeggiativo dialettale identificabile all’uomo nero) , sempre dedito a spaventare i bambini “cattivi” tra i quali, in questo caso, compaiono i fratellini dell’amica di Candy. Stavolta, la collaborazione necessaria alla risoluzione del caso non sarà solo quella tra i quattro detective, ma dovrà coinvolgere nel “piano” anche i fratellini di Sara. Dopo tanti sforzi e molti brividi, il gruppo arricchito di nuove presenze sarà capace di liberarsi della minaccia del mostro e di ripristinare la pace per i bambini dell’isola.
Ombre Nella Notte non è solo un titolo, ma rappresenta tutto l’Orrore capace di far riemergere antichi ricordi, pensieri ormai abbandonati dalla maturità intellettuale, riportandoli sotto una chiave di lettura che non necessita di lunghissime narrazioni e/o elaborate sequenze riepilogative : quel male è sempre presente e non morirà mai. Il progetto lega queste immortali sensazioni contestualizzandole sotto una contemporaneità fedele e mai invasiva. I ragazzi seguono normalissime vicende di vita quotidiana, lasciando spazio, anche, ad una profonda sottotrama disegnata sotto un legame d’amicizia che tende, sempre di più, ad abbandonare le proprie fedeltà; qui invece forti e profonde. Si fanno riferimenti al periodo pandemico e dell’importanza di tenere alti quei valori di spensieratezza fondati su comuni standard comportamentali. L’aspetto investigativo è, chiaramente, il pilastro, cardine, di questo progetto; un viaggio dentro un territorio identificabile sotto ogni regione d’Italia e, altresì chiaro, collocabile su diverse denominazioni e nomine caratteristiche (o semi folkloristiche). Se “La Strega di Belvì” ha catturato l’attenzione per la grande cura registica, qui ci si trova davanti ad un passo nettamente superiore, affrontando si, ovviamente, la caratterizzazione emotiva dei giovani protagonisti, aggiungendo, però, una evidente maturità sulla scelta dei tagli di luce e/o inquadrature serrate su di una struttura lineare che lascia spazio alla fantasia, rendendo l’oscuro compagno della notte come figura onnipresente e vigile agli spostamenti dei protagonisti. Gli angoli bui delle strade di paese, l’armadio che si apre nella tiepida stanza di un bambino, la malinconia che accompagna una comune luce spenta, una scala avvolta dalle tenebre, la soffocante paura del silenzio, sono tutte caratteristiche che conducono lo spettatore dentro quel labirinto mentale nella quale è semplice tornare bambini per una frazione di secondo; atteggiamenti che, inevitabilmente, riconducono alla memoria un barlume di ricordo dove ci si culla interiormente senza la minima vergogna. Tutta la Crew è abile a generare sentimenti contrastanti a seconda della scena di riferimento, mascherando la spiccata leggerezza della pellicola (e della propria matrice) sotto un qualcosa che, comunque sia, riesce ad inquietare senza il minimo sforzo realizzativo. Ogni sequenza ha lo scopo di cullare il pubblico dentro quel “già vissuto” nascosto dentro ogni individuo, ormai cresciuto, in una forma quasi accogliente e accomodante. Trasmettere ed evidenziare valori affettivi o emozionali sono un tracciato sulla quale il progetto riesce a scorrere con una semplicità disarmante, offrendo, si, un senso estetico gestito con grande gusto, ma anche riprendendo quella territorialità radicata dentro l’approfondimento di leggende tramandate, prima, di bocca in bocca, ora, invece veicolando la comunicazione sotto una contemporaneità visiva diventata di uso comune, sotto una grammatica intuitiva ed intelligente per esposizione mediatica. La già citata parte attoriale (nei volti di Margherita Lampis, Alberto Peis, Viola Scuderi e Stefano Serpi) sviluppa una sorta di “forti anelli” (plurale chiaramente voluto) di una catena solida che, anno dopo anno, non interrompe quel fortissimo senso di unione e che, anzi, sembra crescere sempre di più sotto, anche, la splendida gestione di un’altra sottotrama legata a quella delle dicerie di paese e di quel rispetto votato a grido sociale verso quelle persone, a tratti, deboli, disegnate ed etichettate solo per diversità non del tutto in linea con la modernità di interazione. Questo progetto è anche per Loro; per quell’immaginario di “emarginato” che, in tutta risposta, ha tanto, tantissimo (invece) da dire e offrire. Legate tutte queste componenti alle leggende del Folklore e avrete un quadro, più o meno preciso, di I Misteri di Ichnos : Ombre Nella Notte.
Distribuito da Ju Film (Facebook Page) la serie di MiniFilm verrà proiettata sul territorio della Sardegna sui circuiti Cinematografici e, speriamo, possa essere, in futuro, accessibile anche su piattaforma fisica in modo da essere accessibile sul terreno Nazionale.
Un lavoro fatto con il cuore e che, grazie anche alle grosse cadenze dialettali dei ragazzi, rende unico l’operato finale. Un marchio che fa bene AL cinema e che non ha il timore di brillare per senso patriottico, ANZI.