LASCIATEVI TERRHORRORIZZARE

The Substance : La Chimica della Decadenza Poetica [RECECENSIONE]

Articolo a Cura di : Alessandro Pesce

 

“Licenziata dalla trasmissione di aerobica che conduceva dopo aver superato i 50 anni, Elisabeth, un’attrice di Hollywood ormai dimenticata, risponde all’annuncio di un misterioso siero sperimentale di ringiovanimento noto come “la Sostanza”. Una volta inoculatasi la Sostanza, scopre però che questa funziona in maniera diversa da come immaginava quando dal suo corpo nasce per partenogenesi una versione più giovane e bella di sé stessa, chiamata Sue.”

L’atteso ritorno in cabina di regia di Coralie Fargeat ha, senza ombra di dubbio, generato una sconfinata serie di entusiastici commenti, portando questa sua seconda opera sotto un riflettore, forse, troppo grande e luminoso anche per la mestosità di mistero dietro al lancio pubblicitario che ha preceduto l’uscita stessa . Procedura che, inevitabilmente, stabilisce The Substance come progetto più atteso dell’anno (secondo solo al prossimo lavoro di Eggers). La cassa di risonanza, visto lo strabiliante predecessore (Revenge – recensione al seguente link) e un cast di tutto rispetto come Demi Moore, Dennis Quaid e la giovanissima Margaret Qualley non ha fatto altro che infondere altro interesse su di un’attesa fin troppo snervante. Il trailer non ha mai rivelato tanto e ci si è trovati davanti ad una situazione paragonabile all’esperimento di Schrödinger dove tutto potrebbe avere una doppia validità : confermare quanto di buono esposto nel film con la meravigliosa Matilda Lutz o vanificare il colpo fortunato con un semplice gesto di “spallucce“. Il cinema ha sancito la definitiva risposta, esponendo un film maturo, coraggioso, semplice (nella sua struttura di base) ma, specialmente, perfetto sul settore fotografico; se a ciò aggiungiamo la miglior prova attoriale di Demi Moore, il piatto è servito nel migliore dei modi. The Substance racconta un Mondo decisamente al passo con i tempi, soffermandosi sul soggetto del corpo come espediente per raccontare l’ascesa e il declino della Hollywood “bene”. La narrazione scorre sotto la doppia vita della (doppia) protagonista e il suo lento progressivo cammino verso quella stanza del dimenticatoio fin troppo cruda per essere assimilata in un lasso di tempo tanto breve quanto impattante. L’accettazione delle proprie rughe viene considerato solo se non fatto notare e il rimpiazzo, stabilito da una società affamata di carne fresca, inizia prendere una forma inquietante senza via di possibile ritorno. Coralie Fargeat, conoscendo le difficoltà del settore, metabolizza una sorta di rivincita personale, schiaffeggiando il perbenismo patriarcale con una cattiveria dai scarsi (purtroppo) precedenti. Il segno del comando, ora, non sembra riuscire a star dietro alla striscia di sequenze al limite del surreale; esponendo, così, una metamorfosi che suona quasi come profetica autoproclamazione alla gerarchia di profonda estasy visiva; tutto condito da continui rimandi alla mercificazione del corpo (chiaramente metaforicamente) come specchio per le allodole. Non è certo un caso che il corpo, in tutte le sue nudità, venga messo in scena come monumento all’ipocrisia più scontata alla quale siamo abituati imbatterci ogni giorno. The Substance non è un soggetto volto ad un pubblico prettamente maschile, anzi, forse, risulta l’esatto opposto : non bastano molteplici inquadrature sullo splendido corpo dell’incantevole Margaret Qualley a catturare l’attenzione dello spettatore, il film assume i connotati di macchina dove, proprio il gentil sesso, può riuscire a trovare una forte affermazione alla ribellione. Revenge ce lo ha insegnato bene, trovando un chiaro segnale di “continuity” alla sinfonia dell’urlo femminile. Attenzione però a non confondere femminile con femminista : The Substance è troppo sofisticato e intelligente per cadere in questa sorta di trappola “social”, garantendo una stabilità emotiva sotto la ricerca di rivalsa terminata nel peggiore dei modi. Ogni tanto si diventa quel tipo di mostro che mai si sogna diventare e, proprio questa paura, regalerà scene al limite dell’inverosimile (nel senso migliore dei termini). Ogni frame è un dipinto dove lo spettatore riuscirà a cullare i propri piaceri, esagerando in modo quasi grottesco pur giustificandone le condizioni e virando su un citazionismo talmente ben posto da non farlo cadere nella critica. Anche questo aspetto non è certo messo a caso. Demi Moore ci mette tutto l’entusiasmo possibile, ritrovandosi dentro un qualcosa che, forse, la tocca da vicino, regalando attimi di pura attorialità eccelsa, non sforzandosi in modo innaturale ed essendo semplicemente Lei stessa nei panni di una se stessa precipitata nell’orbita di un passato dal difficile ritorno. La spavalderia dell’uomo non farà altro che generare quel già citato mostro, creando una figura perfetta della sua immaginazione e “regalandola” al mercato multimediale come segno di rivalsa. Tutte le luci, viste da diverse prospettive assumono, però, ombre differenti e non sempre quelle stesse reagiscono in modo sinuoso come potrebbero apparire e non sempre le cose vanno per il giusto verso : creare un copia “migliore” di te stessa potrebbe non risultare la migliore delle ipotesi di concezione. La pellicola si muove con regole ben chiare : dopo l’assunzione di una sostanza dalla dubbia provenienza ( e dove per fortuna non ci si sofferma sui dettagli, dando una personale interpretazione priva di spiegazioni) il corpo “nuovo” dovrà sostituire quello originale solo per sette giorni, per poi tornare nel suo stato “dormiente” per altrettanti sette giorni ed alimentato da un liquido speciale per rigenerarsi. Questa perfetta divisione, in parti uguali, riuscirà ad avere un equilibrio costante? La protagonista riuscirà a convivere con la sua perfetta copia sostitutiva,più giovane, più spigliata e più intraprendente? OVVIAMENTE NO. Il genere, nella sua forma più stramba ma articolata da una sapiente coscienza e consapevolezza registica, prenderà le redini dove tutto l’amore per Lynch, Kubrik, Yuzna e Cronember (quest’ultimo in modo particolare) giocheranno una pesantissima mano che risulterà una componente fondamentale allo svolgersi della trama. Coralie Fargeat mette in scena una situazione che risuona come forma di parallelismo tra “Il Ritrattro di Dorian Gray” e le vicende legate alla contessa di Ungheria Erzsebet Bathory in un continuo gioco al rimando dove solo i più attenti scorgeran le sfaccettature : Il poster che (Demi Moore) Elisabeth (nome che, non a caso è proprio quello comunemente noto alla Contessa) troneggia, appunto, nel suo appartamento risplendendo come dipinto di una gioventù giunta al capolinea e dove la sostitutiva Sue (Margaret Qualley) non riesce a rivedersi, essendo lei stessa, rifiutando il corpo decadente e autosabotando l’estetica pur di rimanere, quanto più a lungo, in quello splendido e marmoreo corpo fatto di sensualità ed apparenza, celebrando la sforzosità dell’essere sotto momenti di nostalgici apprezzamenti diventati solo e soltando ricordi lontani. The Substance parla del tempo, parla della nostalgia del passato e della crudeltà del tempo stesso, capace di regalare gioie ma specialmente dolori, parla del corpo come involucro di un’anima fragile ed emotiva, della concentrazione di gestire situazioni arrivate ad un punto cieco, della poco forza di volontà, della perdita del valore, ma specialmente, parla della contemporaneità non dando punti di riferimento visivi alla società moderna. La regista è abile (come lo è stato David Robert Mitchell in It Follows) a darci spunti di attualità, mascherando sotto la facciata dei colori, attimi di presente ma alternando attrezzature e situazioni non proprio tipiche dell’era moderna. Questa sorta di smarrimento del tempo è proprio la base del concetto di perdizione emotiva, tappeto di una serie di disavventure che coinvolgeran sia la mente ma soprattutto il corpo delle due protagoniste. Qui il Body Horror abbraccia la scrittura con tutta la forza possibile per portare gli anni 80 filmici ad uno stato di “Step Successivo” come forte segno di quel passato difficile da metabolizzare come sorpassato. Il Tempo, sempre il tempo ritorna come lo scorrere dell’acqua e del sangue. Il sangue, non è un caso il grande, appunto, eccesso : fonte di vita e di morte, trasformazione di un ciclo (ambo le forme lessiche) che, proprio con la menopausa cessa di palesarsi; tutte componenti che analizzano una profonda appartenenza alla materia e che, grazie al poetico e sofisticato citazionismo regala, al genere stesso, un’incasellamento preciso e alla quale non è semplice rimanere indifferenti. Anche l’importanza del concetto di “Sguardo” tende a prendere un potentissimo aspetto, non nascondendo praticamente niente allo spettatore : le già citate nudità integrali delle protagoniste, lo sguardo della donna nella nostra società, del disgustoso e poco educato garbo mentre ci si alimenta senza sosta, della stessa voglia di apparire in un determinato modo, dell’interiorità in stato di decomposizione sotto un trucco pesante per mascherare inequivocabili difetti; tutti aspetti che sfiorano la macchina da presa in modo impercettibile, appunto, alla vista, ma insidioso come messaggio subliminale. Queste pirotecniche esplosioni di situazioni accelerano i battiti cardiaci sotto quella tela ingannevole, offrendo non pochi momenti dove è necessario riordinare le idee e capire quanto il male si nasconda dentro il bene verso l’amor proprio o viceversa. The Substance ci racconta dell’importanza del potere e della sua stessa assenza, dentro un vortice che stabilisce quel famoso equilibrio instabile capace di entrare dall’ingresso principale e uscire da un corridoio privo di luci e dove l’assordante silenzio può creare fantasmi necessari ad una compagnia vigliacca che osserva il mondo con quella perdita di visione periferica, a volte, utile a scorgere l’interno del solo involucro di muscoli, sangue e ossa.  

L’importanza del saper ascoltare anche il più impercettibile sibilo di lamento è la chiave sotto la quale il film tesse la propria tela, annunciando l’arrivo di un parassita abile solo a soggiogare il fabbisogno del momento per dare, al mondo, solo ciò che proprio il mondo vuole, ora e adesso. Il futuro è la conseguenza di come si organizza il passato e questo passato deve attraversare un presente non sempre limpido. The Substance ha il compito di far crescere questo presente sotto quell’ottica smarrita dove tutto è necessario e tutto ha una sua naturale e inevitabile fine. 

Consapevolezza, accettazione, rispetto, mediocrità intellettuali, cannibalistiche emissioni mediatiche ed espulsioni di materiale vitale sono le fondamenta di questo imperdibile progetto, forse, non troppo digeribile al mainstream, spesso irrispettoso, verso quel concetto primordiale alla quale nessuno sarà mai esente.

Una perla davvero rara 

The Substance è puro cinema, The Substance è Donna

 

 

-CAPOLAVORO secondo il Nostro Particolare Metodo di Valutazione in HORROR STAB-

Ringraziamo I Wonder Pictures per la Visione della Pellicola

Succ Articolo

Precedente Articolo

Invia una risposta

© 2024

Tema di Anders Norén