Articolo a cura di | Alessandro Pesce
“Nel 1958, nell’alpe francese, la giovane serva Anna Jurin arriva all’orfanotrofio di Saint Ange per lavorare con Helena mentre gli orfani si trasferiscono in nuove famiglie. Anna, che è segretamente incinta, incontra l’ultima orfana, Judith, rimasta indietro a causa dei suoi problemi mentali, e si avvicinano quando Anna scopre che anche Judith sente voci e passi di bambini.”
Negli ultimi anni il nome di Pascal Laugier ha rimbombato a più riprese. L’ormai noto regista francese ha, sulle proprie spalle, una quantità di pellicole dall’esaltante consenso da parte della critica : La casa delle Bambole (Ghostland), I Bambini di Cold Rock ma specialmente l’ipnotico Martyrs; tutti lavori eccellenti anticipati però da un esordio passato quasi in sordina : Saint Ange. L’opera, del 2004, non ha ricevuto grandissima presa tra il pubblico (e anche dalla critica specializzata), creando una sorta di nota di demerito nella propria filmografia. A distanza di anni però Saint Ange torna di prepotenza con una grandissima voce e con un tono importante quanto il significato stesso dell’Opera. Interpretato dall’incantevole Virginie Ledoyen (nel ruolo di Anna), Lou Doillon (Judith), Dorina Lazar e dalla celebre Catriona MacColl (famosa per i ruoli di Lady Oscar del 1979 ma specialmente per le comparsate nelle pellicole di Lucio Fulci “Paura nella Città dei Morti Viventi“, “L’aldilà..e Tu Vivrai Nel Terrore“, “Quella Villa Accanto al Cimitero” e “Occhi Nel Buio“) il film organizza un Gothic Horror elegante, differenziandosi dal genere di evidente appartenenza con una disinvoltura quasi autoriale. La scelta di colori brillanti vanno in netta eclissi con il più ruvido grigio; Una sporcizia volutamente ricercata per distogliere la concentrazione da una narrazione pacata, capace di prendersi tutto il tempo necessario per tessere una tela ricca di spinose sottotrame e concentrarsi sul fascino visivo. Le protagoniste del lavoro sono comodamente adagiate su di un manto morbido, capace di raccogliere ogni informazione con una sinuosità naturale, caratterizzando i propri ruoli senza eccedere in virtuosismi poco necessari: ogni tassello viene spiegato con pochissime battute, lasciando anche allo spettatore la complicità di reazione di pensiero. Saint Ange racconta una difficile situazione sociale, accarezzando anche grida emotive, come l’abuso fisico, sotto diverse forme, sterzando sul vero orrore dell’umanità e creando un vaso utile a contenere un concentrato di paure celate nell’oscurità dei labirinti mentali. Pascal Laugier ha la grandissima capacità di non lasciar niente al caso e, anzi, riesce (questo in tutti i suoi lavori) a creare una misticità che echeggia come una sorta di aurea protettiva alle proprie opere; un mistero sempre pronto ad uscire nel momento di massima quiete in modo del tutto improvviso. Questo film non fa eccezioni e lavora lentamente come un aratro sul proprio terreno, attraverso giochi di suoni e costruzioni emotive, rendendo affascinante ogni dinamica di trama. Formato alla École Supérieure de Réalisation Audiovisuelle di Parigi, il regista non ha mai fatto mistero del proprio amore verso il cinema Italiano, portando piccoli tributi nei suoi lavori, Saint Ange infatti si rifà tantissimo al tipico girato di Lucio Fulci (e non è certo una caso la scelta di una delle protagoniste) e Mario Bava, raccontando una storia legata al mondo dell’aldilà, sfiorando addirittura gli oscuri paesaggi dell’Inghilterra tipici della Hammer Production degli anni 70, riuscendo a contestualizzarli su ramificazioni poligonali con movimenti di macchina che fungono da comune denominatore. Una scelta stilistica che, da qui in avanti, non ha mai abbandonato, evidenziando un marchio caratteristico come il morso di un animale. L’opera in questione assapora ogni spazio di minutaggio per portare il pubblico in una direzione del tutto disorientante, giocando con gli spazi circostanziali ed enfatizzando la location come “oggetto spettrale” non trascurando però l’arte della fotografia sempre a focus su ogni frame. Anna, la protagonista del film, riesce con il suo angelico viso ad accomodare ogni ripresa come culla ondulante, creando ancora una volta un contrasto con il lugubre destino del racconto, rendendo quasi calda ogni vicenda che si viene a creare all’interno dell’orfanotrofio; Un luogo dal passato misterioso e scenario di brutali persecuzioni fisico/mentali ai danni di piccole anime indifese. Nonostante la brutalità degli avvenimenti Saint Ange risulta una pellicola (quasi del tutto) anemica; Fortissimo segno di un netto distacco dalle pellicole di Genere, dando al film una dimensione tutta propria con un finale roboante, capace di legare ogni filo del proprio arco e scoccare il dardo con un tonfo sordo ed evocativo.
Distribuito da DigitMovies, Saint Ange torna nel Nostro territorio con un Packaging tutto nuovo, arricchito da un “Dietro Le Quinte” tra i Contenuti Extra.
STAB HORROR ITALY
- Regia: Pascal Laugier
- Producer: Christophe Gans
- Editor: Sébastien Prangère
- Music: Joseph LoDuca
- Producer: Richard Grandpierre
- Director of Photography: Pablo Rosso
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- Virginie Ledoyen: Anna Jurin
- Lou Doillon: Judith
- Catriona MacColl: Francard
- Dorina Lazăr: Helenka
- Virginie Darmon: Mathilde
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